di Alessio Strazzullo
L'aria che si respira ai festival è sempre, nel bene e nel male, contaminata da tensioni e aspettative. Le rassegne ed i concorsi per band emergenti sono sempre un ottimo punto di ritrovo per quei ragazzi che, seppur giovani, da anni partecipano ad eventi del genere, un po' per mettersi alla prova ed un po' per provare a far conoscere se stessi e la propria musica. I volti che si vedono sono spesso i soliti e la goliardia, fortunatamente, è all'ordine del giorno nel backstage.
I tre giorni del "Rock In...Napoli", dal 12 al 14 ottobre, ospitato dal Palaeden di Fuorigrotta (Na), hanno dimostrato quanto talento ci sia nei giovani gruppi della realtà Underground. Gruppi i cui nomi sono spesso ascoltabili nelle vie del centro storico o che si leggono di sfuggita su manifesti, a volte grandi, a volte piccoli. Ad intervallare le esibizioni dei gruppi emergenti, grandi nomi della musica, da James Senese agli Almamegretta. Mi fa davvero piacere pensare che sia stato davvero così e non il contrario.
Un'occasione importante quindi, anche dati i nomi degli organizzatori dell'evento: Luciano Bonetti, Cesare Falchero, Desirèe Klain, Fiammetta Mazzola, Lele Nitti, Peppe Ponti e Lino Vairetti direttore artistico della manifestazione.
In questi tre giorni, potendo girare liberamente dentro e fuori il Palaeden, ho raccolto impressioni e osservato reazioni.
Ho provato per un momento a spogliarmi dei panni di uno dei partecipanti al concorso e indossare quelli di un semplice e curioso osservatore, per capire e dare un'idea di come si svolgano queste manifestazioni e quali siano i rapporti tra i gruppi, che volenti o nolenti, vengono inseriti in una competizione.
Molto interessante ho trovato la conversazione con Claudio Mirone, chitarra e voce dei Gecko’s Tear, che hanno fatto incetta di premi tecnici (Claudio ha vinto il premio come "Miglior Strumentista").
Seduti nel backstage Claudio mi ha parlato di ciò che pensa dell'Underground e della sua visione della realtà napoletana.
"Uno dei problemi fondamentali è che girano pochi soldi. C'è poca propensione all'investimento nell'ambiente. E poi la mancanza di disponibilità e serietà di alcuni gestori dei locali, questo forse è stato il problema maggiore riscontrato.". Quando sposto il centro del discorso dai problemi dell'Underground al suo pensiero riguardo ai gruppi che ne fanno parte, risponde in tutta sincerità accigliandosi appena: "Il suono che una band produce veicola un messaggio. Se non si ha il pieno controllo di ciò che si produce (sia esso anche semplice rumore) non ci si può esprimere chiaramente, e proprio questo spesso capita di vedere da queste parti. Poi c'è da vedere l'effettivo messaggio che si vuole esprimere, che non sempre risulta interessante come potrebbe"
Interviene nel discorso anche Claudia Sorvillo, vincitrice del premio per la "miglior voce".
Alla mia domanda sui contatti tra i gruppi, e le possibile invidie, scuote energicamente la testa. "L'unica vera soluzione è creare un canale per la discussione tra i vari gruppi. Quello che veramente manca è una persona che coordini questo dialogo..."
Claudio Mirone solleva il sopracciglio, evidentemente colpito da quella che considera una mirabilante utopia.
"No dico sul serio - continua lei - io parlo di qualche persona adatta a questo ruolo, perchè no, persone dell'ambiente politico. Più volte ho provato a creare veri e propri punti d'incontro, come un'associazione, ma la mancanza di qualche addetto ai lavori fa fallire il progetto.".
Chiedo anche a Claudio cosa pensa sul tema invidia e rapporti finti e di falsa cortesia tra i giovani gruppi dell'Underground, aspetto che mi incuriosisce molto e che ritengo piuttosto pregnante nel tracciare un disegno dell'ambiente. "
A parte alcuni gruppi che credono di essere più di quel che effettivamente sono, non trovo questa falsa cortesia di cui tu parli. Io mantengo contatti con tante band, molti dei quali presenti qui stasera, solo che è difficile che il rapporto vada oltre quello lavorativo, forse è solo questo il limite."
La discussione continua intorno agli aspetti postivi del Rock In, e perchè no, anche a quelli negativi.
Al di là dei soliti problemi acustici e alle volte tecnici, che ogni band deve affrontare prima o poi nel corso della propria carriera, Claudio e Claudia affermano che sicuramente è l'evento più serio a cui hanno partecipato.
Poi parliamo di due ragazzi che provengono da anni di impegni e festival, con un curriculum di tutto rispetto. Ciò che salta subito all'occhio di chi li osserva prima che salgano sul palco, è la voglia di poter creare effettivamente qualcosa, di dare un contributo alla musica, quella che si fa portavoce di intere generazioni e non sia solo puro divertimento e commercio.
Gli aspetti creativi e innovativi dell'ambiente Undreground, uniti alla spontaneità e alla giovinezza dei musicisti in questione però si scontra con le effettive possibilità di venire fuori dalla massa, di essere un elemento attivo nell'ambiente musicale. Questo è il dissidio dell'arte, tra la voglia di non scendere a compromessi e l'effettiva realizzazione dei propri progetti.
Questi eventi fanno bene ai gruppi emergenti, non c'è dubbio.
Così, Silvio Talamo, vincitore del premio per la "miglior composizione" dice: "Questi eventi sono importantissimi. Nell'Underground ci sono moltissimi artisti validi che non aspettano altro che farsi vedere, che meriterebbero di emergere. Ma questo la maggior parte delle volte non avviene. L'originalità c'è, ma se non nascono adeguate strutture e se non si collabora con gli addetti ai lavori per promuovere le band non si può creare nulla di nuovo."
E riguardo al pubblico? Quello che davvero dovrebbe decidere, secondo alcuni, le nuove tendenze musicali?
Giovanni Block, vincitore del premio per il "Miglior testo" e "Migliore Band" dei tre giorni, dice:
"Sento voglia di innovazione da parte dei gruppi e da parte del pubblico. La gente vuole ascoltare nuova musica, ha bisogno di idee originali. Noto negli ultimi anni, forse più che nel passato, anche grazie all'avvento di nuove forme di comunicazione, la voglia di andare contro la musica imposta, il pubblico compie ricerche, scova gruppi nascosti e li apprezza."
Giovanni poi, si addentra in un'altra questione della realtà Underground: " Per molti artisti è frustrante essere ancora qui. Ci sono validissimi musicisti che dovrebbero davvero ottenere grandi riconoscimenti. Perchè questo non accade? Alcuni di loro sono veri e propri miti, ma sono ridotti ad essere grandi in una piccola realtà, perchè?"
Prendere atto di ciò che dicono questi ragazzi non è importante, è dovuto. Continuare ad ignorare questo vivaio, che è l'Underground, non è solo sbagliato ma anche irrispettoso. Si è portati a pensare che ciò che non sia conosciuto o che sia poco seguito sia qualitativamente inferiore. Ma i parametri di questa "qualità" chi li ha stabiliti?
Chi pensava di trovare in quest'articolo interviste ai Big delle tre serate deve scusarmi. Ho ritenuto centrale il ruolo di quelle che in realtà sono le vere nuove tendenze.
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