domenica 24 dicembre 2006

Rosso Cenere

di Alessio Strazzullo

"Essere Underground è uno stato che ci piacerebbe superare, speriamo che sia temporaneo".

Così esordiscono i Rossocenere, che a mio avviso, oltre ad avere un bellissimo nome, sono anche tra le più particolari proposte dell'ambiente. Particolari nel loro essere dediti alla ricerca di una semplicità portatrice di messaggi importanti, quella semplicità che mi piace definire “ricercata”. Il particolare quindi che diventa contesto, la musica che diventa veicolo di un concetto.

Non a caso amano paragonare le loro scelte a chi aveva fatto della semplicità il proprio registro espressivo, a scrittori quali Salinger, Carver e a registi come Altman, che come spiega Cesare, bassista della band, sapevano essere comunicativi senza aver bisogno di ciò che viene comunemente chiamato ermetismo.
“Siamo indubbiamente ispirati dalla musica pop. Questo genere però deve essere inteso nella sua accezione di più ampio respiro: tutto ciò che arriva a molti ma che non viene schiacciato nel commerciale. Dai Beatles a Battisti, arrivando a toccare qualsiasi artista che abbia voluto portare il proprio messaggio ad un grande pubblico.”

Parlando con loro mi rendo conto che ogni componente di un gruppo, sebbene sia perfettamente inserito in esso, guarda alla musica con il suo occhio personale. Ciò che non mi era stato detto da altri, ciò che era stato omesso e di cui però avevo il sentore, mi viene detto esplicitamente da Giancarlo, cantante e chitarrista della band: “In una band si cammina su un duplice binario. Ciò che si vorrebbe diventare con la band e ciò che invece si diventerà nella vita. Per ora è quello che capita a noi...”.

Questa duplice via non deve essere confusa con la nota dicotomia “Passione” e “Lavoro”. No, perché un musicista può fare di questa sua passione un lavoro effettivo. La duplice via va considerata per chi ha intenzione di seguire quel particolare sogno che è il successo di una band, di più persone che lavorano per lo stesso obiettivo, pur tenendo conto delle differenze personali. Suonare bene purtroppo o per fortuna non basta.
“L'unica soluzione...” continua Giancarlo, “...E' trovare una terza via. Una via di fuga da questo binario, ovviamente che non sia una via di mezzo...”.

L'esperienza dei Rossocenere permette di entrare nel vivo del discorso e analizzare nel particolare questo mondo sommerso. Cesare dice di avere difficoltà nel riconoscere una vera e propria scena, che non vede, nel bene e nel male, gruppi che perseguono lo stesso obiettivo. “Anni fa a Roma si è creata una delle scene più importanti che l'Italia abbia mai visto. Ne sono venuti fuori artisti come Daniele Silvestri, Nicolò Fabi e Max Gazzè. Ma qui si combatte una guerra tra poveri, si crea la gelosia anche sui contatti discografici, non c'è collaborazione...”
In effetti più vado avanti (o sarebbe il caso di dire vado a fondo?) nell'ambiente, più mi accorgo di quanto sia variegato, complicato, privo di qualsiasi controllo. Lo stupore per la mancanza di controllo in un fenomeno così grande è scontato. Così come è scontato l'unico vero mezzo di controllo della musica: Il successo. Decretato, ancor prima che dal pubblico, dalle più comuni forme di diffusione.

Qui entrano in gioco i nuovi metodi di comunicazione, tra cui quello più importante. Così, come dicono Massimiliano e Lorenzo, chitarrista e batterista della band, internet per i Rossocenere è stato fondamentale. “Nonostante la preoccupazione dovuta all'espansione del fenomeno della musica in rete, noi dobbiamo molto ad Internet. Grazie alla rete e alla possibilità di far ascoltare gratuitamente i nostri brani abbiamo un seguito...”

Che internet abbia il potere di abbattere l'ultimo vero ostacolo dell'Underground?

Per il momento altro non posso fare che consigliare la musica dei Rossocenere e di andare a vederli dal vivo.
Tutte le informazioni le trovate sul loro sito ufficiale www.rossocenere.it.

mercoledì 6 dicembre 2006

Sirene e Vampiri

di Antonio Lieto

Vi state chiedendo cosa accomuna sirene e vampiri?
Facile. La capacità di soggiogare. Le prime con il loro canto melodioso. I secondi con i loro denti aguzzi.
Meno facile, forse, indovinare che da queste parti si dirà di comunicazione persuasiva. Dunque di comunicazione politica. Pubblicitaria. Interpersonale.
Cercheremo di farlo senza esagere con gli specialismi. E senza cadere nella banalità.
Raccontando storie. Citando esperienze. Cercando, di tanto in tanto, qualche risposta.
Soprattutto cercheremo di tenere assieme le strategie comunicative, l'efficacia del messaggio, il suo impatto sociale in un mondo che cambia incessantemente.
Benvenuti.

domenica 3 dicembre 2006

Marketing Virale? Niente di troppo nuovo.

di Antonio Domenico Casillo

Un termine nuovo per la forma più antica di publicity mai esistita. Cambia l’aspetto, cambiano le modalità di diffusione, i mezzi, ma la sostanza è, tout court, sempre la stessa. Il marketing virale altro non è che il buon vecchio passaparola, rapportato però ai nuovi media digitali (in particolare Internet e e-mailing).

In principio si chiamava passaparola telematico e ancora oggi è questo il termine utilizzato in molti manuali tecnici di comunicazione di marketing. Presto, però, S. Jurvetson e T. Draper coniarono l’espressione “viral marketing” per descrivere l’incredibile successo di Hotmail, fornitore di free mail, che in soli diciotto mesi, riuscì ad assicurarsi ben dodici milioni di abbonati, spendendo “solo” mezzo milione di dollari in advertising, marketing e promotion. Come? La geniale idea originaria del fondatore del service provider, Tim Draper, fu quella di inserire in ogni e-mail inviata tramite Hotmail il messaggio: “PS: Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com". Ciascun utente diveniva passivamente veicolo di passaparola e consigliava al destinatario della sua posta il servizio di posta gratuita. Altri esempi eccellenti di viral marketing dei primordi di Internet furono quelli di Kellogs’us e Moorhuhn che, tra il 1997 e il 1999, ebbero la brillante trovata di mettere in circolazione un intrigante videogioco di piccolo peso da allegare alle e-mail con il messaggio: “Giocaci perché è divertente”. Il risultato, in entrambi i casi, fu la creazione di una catena esponenziale che alimentò la notorietà e la stima rivolta alle aziende da parte del pubblico.

Il concetto di marketing virale è strettamente connesso a quello di rete e di relazione. Così come la pseudo - legge di Metcalfe (riguardante la crescita esponenziale delle reti in proporzione al numero degli utenti adepti delle stesse) è stata più volte ridimensionata, se non confutata, lo stesso è avvenuto contro una concezione sovradimensionata del viral marketing. Per motivi simili.

La crescita di una rete, infatti, non avviene, come si può credere, in maniera matematica. Non vale la fredda equazione esponenziale esibita da Metcalfe. In realtà, infatti, non tutti i membri di una rete hanno egual valore. Non a caso in molti manuali di comunicazione di marketing è dato gran risalto alle figure dei testimonial e degli opinion leader. Per fare qualche esempio pratico e più vicino al lettore, di sicuro io accetterei con più favore di entrare a far parte di un Newsgroup che mi viene consigliato da un amico che stimo, rispetto ad uno propostomi da un lontano conoscente con il quale non ho mai nutrito feeling. Così come aprirò senza preoccupazioni un allegato di una e-mail su consigli farmacologici che ha come mittente il mio medico di fiducia e difficilmente farò lo stesso qualora il mittente mi sia poco noto.

Per il marketing virale vale lo stesso detto sulle reti, ma in misura ancora più accentuata. Così come avviene, peraltro, anche per il passaparola tradizionale, non tutti i veicoli (digitali e umani) vantano lo stesso valore. Anche se il mezzo non è di per sé il messaggio, come talvolta si sente dire, esso (e quindi anche il veicolo che tecnicamente è il mezzo specifico di propagazione) ha comunque una forte valenza nel dare credibilità al messaggio stesso oltre che a permettergli la diffusione.

Insomma, ogni azione di marketing virale ha bisogno di almeno tre circostanze favorevoli, conditio sine qua non, affinché possa sperare raccogliere i frutti desiderati.

Per prima cosa è indispensabile un’idea geniale e distintiva rispetto alle altre mille che circolano senza freni sul web. Naturalmente non mi soffermerò in questa sede sulla grande importanza rivestita dalla coerenza dell’idea e dell’esecuzione rispetto ai valori che fondano l’identity del brand aziendale.
In secondo luogo è importante scegliere i veicoli più adatti alla diffusione del messaggio in termini di numero di persone che potranno essere raggiunte, soprattutto tra quelle componenti il target prescelto.
Come per ogni azione di passaparola indotto, infine, occorre monitorare, per quanto possibile, gli effetti del messaggio. Questo allo scopo di poter, in qualche modo, cercare di correggere il tiro qualora possa esserci una deriva interpretativa tanto diffusa da mettere a repentaglio l’immagine dell’azienda.

In fin dei conti, dunque, niente di troppo nuovo intorno al Marketing Virale.


Antonio Domenico Casillo

sabato 2 dicembre 2006

Le Strisce

Musica italiana? Preferiamo quella inglese.

di Alessio Strazzullo

Fino a pochi giorni fa si chiamavano "Goya", ora hanno cambiato il loro nome in "Le strisce".
In onore, dicono, dell'ultima grande rivoluzione Rock che ha invaso abiti e tutto ciò che ci circonda.

Sapevo ancor prima di intervistarli che da loro mi sarei dovuto aspettare tutto. Anche un'eccessiva sicurezza e sfrontatezza, ironia al vetriolo e riferimenti non sempre celati dietro false apparenze. Si presentano in tutta la loro sincerità, privi di scrupoli e con quell'arroganza di chi afferma le proprie intenzioni senza mezzi termini.

Davide Petrella, voce ed ideatore dei pezzi parla della band:
"Il nostro intento è far ascoltare un po' di Rock, genere ormai scomparso del tutto in Italia. La nostra musica è sempre uguale, non facciamo nessuno sforzo creativo per farla venire fuori. Non ci facciamo influenzare, scopiazziamo i gruppi che preferiamo, principalmente quelli inglesi."

A tale affermazione guardo gli altri due intervistati, i due chitarristi della band, Andrea Pasqualini ed Enrico Pizzuti.
Non vedendoli contrariati capisco che condividono le idee del proprio cantante e che soprattutto, Davide non scherza con le sue affermazioni.
"Non c'è alcun tipo di forzatura, solo spontaneità. Abbiamo un approccio molto ludico alla musica, se poi aggiungiamo il fatto che scrivo i migliori testi di Napoli il gioco è fatto. "
Andrea prende la parola: "Prima non era così... negli ultimi sei mesi l'approccio è cambiato totalmente...", subito seguito da Enrico: "Abbiamo deciso di ridurre al minimo le nostre composizioni, di limare piuttosto che aggiungere. In Italia e soprattutto a Napoli manca l'originalità perchè tutti si sforzano per produrla, non capendo che forse è l'unica cosa che non può essere prodotta."

"Le Strisce" sono tra i pochi gruppi che hanno esplicitamente dichiarato il genere a cui credono di appartenere. A proposito di Rock, Davide continua: "Il Rock in Italia, se posso correggermi, non è mai esistito. Le nostre principali ispirazioni vengono dall'Inghilterra. Dai Beatles in poi tutto ciò che è inglese entra a far parte del nostro background. Riguardo agli interessi che mi spingono a scrivere mi sento di dire che provengono da tutto ciò che faccio durante la giornata. Soprattutto da ciò che leggo. L'intento è provare a creare qualcosa di nuovo, infatti nel nostro repertorio non esistono canzoni d'amore o filopolitiche, sono cose che non ci interessano. "

Anche l'argomento "rapporti tra band" viene affrontato con la più totale sincerità:
"Mah, ti dirò, non ci sono gruppi che apprezziamo particolarmente. Mi preme dirti che a mio avviso molti dovrebbero imparare a scrivere testi come noi, e qualche cane anche a cantare...".
Ad Enrico il compito di addolcire le affermazioni di Davide : "Dipende da ciò che ti ho gia detto prima, tutti cercano di sperimentare forzando un po' troppo le proprie possibilità...".
Davide però lo interrompe prontamente: "Ma perchè sperimentare quando si può tranquillamente copiare?".

Perchè musicalmente l'inghilterra sarebbe così avanzata?
Mi risponde Andrea: "In Inghilterra tutti i gruppi che riescono a sfondare sono molto validi. Ogni nuova produzione è un successone, e soprattutto, musicalmente più che accettabile. In Italia, e ancor di più a Napoli, questo non esiste affatto. A volte metto in discussione non soltanto le etichette discografiche, ma anche il valore delle stesse band."

Al momento "Le Strisce" sono impegnati nelle rifiniture del loro Demo, che dicono sarà pronto a breve.
A vostra totale discrezione la scelta di accettare o non accettare l'ultimo appello della band:
"La musica italiana ha bisogno di "Le Strisce". Possiamo portare una ventata di Rock nel panorama italiano. E poi come ti ho detto...crediamo di essere il miglior gruppo di Napoli..."