domenica 3 dicembre 2006

Marketing Virale? Niente di troppo nuovo.

di Antonio Domenico Casillo

Un termine nuovo per la forma più antica di publicity mai esistita. Cambia l’aspetto, cambiano le modalità di diffusione, i mezzi, ma la sostanza è, tout court, sempre la stessa. Il marketing virale altro non è che il buon vecchio passaparola, rapportato però ai nuovi media digitali (in particolare Internet e e-mailing).

In principio si chiamava passaparola telematico e ancora oggi è questo il termine utilizzato in molti manuali tecnici di comunicazione di marketing. Presto, però, S. Jurvetson e T. Draper coniarono l’espressione “viral marketing” per descrivere l’incredibile successo di Hotmail, fornitore di free mail, che in soli diciotto mesi, riuscì ad assicurarsi ben dodici milioni di abbonati, spendendo “solo” mezzo milione di dollari in advertising, marketing e promotion. Come? La geniale idea originaria del fondatore del service provider, Tim Draper, fu quella di inserire in ogni e-mail inviata tramite Hotmail il messaggio: “PS: Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com". Ciascun utente diveniva passivamente veicolo di passaparola e consigliava al destinatario della sua posta il servizio di posta gratuita. Altri esempi eccellenti di viral marketing dei primordi di Internet furono quelli di Kellogs’us e Moorhuhn che, tra il 1997 e il 1999, ebbero la brillante trovata di mettere in circolazione un intrigante videogioco di piccolo peso da allegare alle e-mail con il messaggio: “Giocaci perché è divertente”. Il risultato, in entrambi i casi, fu la creazione di una catena esponenziale che alimentò la notorietà e la stima rivolta alle aziende da parte del pubblico.

Il concetto di marketing virale è strettamente connesso a quello di rete e di relazione. Così come la pseudo - legge di Metcalfe (riguardante la crescita esponenziale delle reti in proporzione al numero degli utenti adepti delle stesse) è stata più volte ridimensionata, se non confutata, lo stesso è avvenuto contro una concezione sovradimensionata del viral marketing. Per motivi simili.

La crescita di una rete, infatti, non avviene, come si può credere, in maniera matematica. Non vale la fredda equazione esponenziale esibita da Metcalfe. In realtà, infatti, non tutti i membri di una rete hanno egual valore. Non a caso in molti manuali di comunicazione di marketing è dato gran risalto alle figure dei testimonial e degli opinion leader. Per fare qualche esempio pratico e più vicino al lettore, di sicuro io accetterei con più favore di entrare a far parte di un Newsgroup che mi viene consigliato da un amico che stimo, rispetto ad uno propostomi da un lontano conoscente con il quale non ho mai nutrito feeling. Così come aprirò senza preoccupazioni un allegato di una e-mail su consigli farmacologici che ha come mittente il mio medico di fiducia e difficilmente farò lo stesso qualora il mittente mi sia poco noto.

Per il marketing virale vale lo stesso detto sulle reti, ma in misura ancora più accentuata. Così come avviene, peraltro, anche per il passaparola tradizionale, non tutti i veicoli (digitali e umani) vantano lo stesso valore. Anche se il mezzo non è di per sé il messaggio, come talvolta si sente dire, esso (e quindi anche il veicolo che tecnicamente è il mezzo specifico di propagazione) ha comunque una forte valenza nel dare credibilità al messaggio stesso oltre che a permettergli la diffusione.

Insomma, ogni azione di marketing virale ha bisogno di almeno tre circostanze favorevoli, conditio sine qua non, affinché possa sperare raccogliere i frutti desiderati.

Per prima cosa è indispensabile un’idea geniale e distintiva rispetto alle altre mille che circolano senza freni sul web. Naturalmente non mi soffermerò in questa sede sulla grande importanza rivestita dalla coerenza dell’idea e dell’esecuzione rispetto ai valori che fondano l’identity del brand aziendale.
In secondo luogo è importante scegliere i veicoli più adatti alla diffusione del messaggio in termini di numero di persone che potranno essere raggiunte, soprattutto tra quelle componenti il target prescelto.
Come per ogni azione di passaparola indotto, infine, occorre monitorare, per quanto possibile, gli effetti del messaggio. Questo allo scopo di poter, in qualche modo, cercare di correggere il tiro qualora possa esserci una deriva interpretativa tanto diffusa da mettere a repentaglio l’immagine dell’azienda.

In fin dei conti, dunque, niente di troppo nuovo intorno al Marketing Virale.


Antonio Domenico Casillo

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